Hemingwrite, per scrivere a inchiostro elettronico

La prima cosa che ho pensato quando ho visto l’immagine di quest’anacronistica opera d’arte per la scrittura è stata: «La voglio a tutti i costi, e la voglio subito!».

La nuova Hemingwrite, macchina per scrivere digitale, riprende il suo stilosissimo nome da una sintesi esemplare, quella tra il verbo to write e il cognome del premio Pulitzer  Ernest Hemingway, ideale di scrittore per eccellenza.

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La Olivetti Lettera 22 del 1950.

Eppure le fattezze di questo piccolo gioiellino riportano alla mente gloriosi giorni di design italiano, quegli Anni Cinquanta in cui nasceva dalla Olivetti di Ivrea la mitica Lettera 22, storica macchina per scrivere portatile che oggi fa anche parte di una collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York e le cui aspirazioni erano quelle di rispondere a esigenze di trasportabilità e di limitato ingombro. E lo fece davvero, diventando simbolo di un giornalismo che era molto più di un semplice lavoro, accompagnando i professionisti della parola scritta, come amante e ispiratrice: indimenticabili e innumerevoli le immagini di Indro Montanelli che mai abbandonò la sua meccanica amica e stretta collaboratrice.

La Hemingwrite, macchina per scrivere a inchiostro elettronico.

La Hemingwrite, macchina per scrivere a inchiostro elettronico.

Oggi, dopo schermi luccicanti, design ergonomici, connessioni internet a banda larga, social network, condivisione dati, messaggistica istantanea, archiviazioni in cloud e quant’altro, la scrittura ha forse sentito il bisogno di ritornare alle origini. E lo ha fatto ricreando quello che è stato per decenni il mezzo di scrittura professionale per eccellenza, la macchina per scrivere, sia iconicamente sia idealmente.

Sviluppata dal designer Adam Leeb e dallo sviluppatore di software Patrick Paul e presentata di recente durante la competizione Engadget.com Insert Coin, che premia le migliori novità hardware proposte da giovani start up, la Hemingwrite – ancora in fase di sviluppo definitivo – strizza l’occhio alle vecchie forme delle più classiche macchine per scrivere (ha perfino una maniglia rimovibile per portarla dove si vuole) rivisitando, però, la modalità di scrittura. Niente carta per questo nuovo strumento dalle ridotte dimensioni, ma “solo” un display da 6 pollici a inchiostro elettronico, la possibilità di memorizzare più di mille pagine e una batteria che può accompagnarvi ovunque vogliate fino a sei settimane con una sola carica.

Ovviamente qualcosa di tecnologico rimane, siamo pur sempre nel 2014 dopotutto: è dotata di connessione wi-fi e Bluetooth ed è quindi possibile salvare dei dati in cloud e sfruttare la tecnologia dei principali word processor integrando le nostre note con strumenti quali Evernote o Google doc.

Tuttavia l’obiettivo centrale della Hemingwrite sembra essere un altro: concentrarsi sulla scrittura. La sua aspirazione è infatti: «essere uno strumento che ha un singolo scopo, quello di poter scrivere senza altre distrazioni». Sì, perché oggi, tra un pop-up che si apre all’improvviso, una notifica che compare alla destra dello schermo, una chiamata online, un aggiornamento di stato sui social media, il fattore distrazione è assolutamente da non sottovalutare… ecco, proprio ora, mentre scrivo, è arrivata una sfilza di notifiche mail… che mi ha portato su Facebook, per farmi approdare poi su uno store online, infine all’acquisto di due ebook e di un paio di scarpe di cui non avevo sentito l’esigenza e/o mancanza fino a due minuti prima!

Tutto questo per dire che la dimensione della scrittura è strana e peculiare. È un’entità che ama essere corteggiata. È un tempio a cui piace essere visitato, ma che al contempo vuole, pretende, la tua viva attenzione per mantenere la propria dignità.

E oggi, forse, è venuta a riprendersela.

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