Riflessioni intorno a scrittori esordienti, selfpublishing e rete

Se siete scrittori (più o meno allo sbaraglio) e vi ha incuriosito la nostra segnalazione dell’incontro “Esordienti in rete”, potete ora sapere qualcosa di quanto si è detto in quella giornata del Premio Calvino. Questo “guest post” scritto da Massimiliano Enrico (in rete LordMax), che lavora nel campo dell’informatica e si occupa anche di coaching per scrittori, ripercorre in parte i contenuti delle tavole rotonde e suscita alcuni spunti e riflessioni su autopubblicazione ed esperienze da esordienti sul web.

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Nei lavori di “Esordienti in rete”, dalle prime due tavole rotonde dedicate all’esordire come scrittori in self-publishing grazie a una piattaforma e allo scouting di autori è emersa con forza l’impressione di una certa dispersione di risorse da parte degli editori che ancora non hanno capito esattamente come rapportarsi con le nuove realtà emergenti. Ci sono molti esperimenti, alcuni ottimi altri meno, c’è grande curiosità e questo è certamente un bene.

Molto triste è stato scoprire che alcuni vedono il self-publisher, colui che si autopubblica, come un ingenuo principiante che crede di fare tutto da solo: libro, copertina (magari con paint), impaginazione, editing, proofreading, stampa e via dicendo. Io speravo tanto che questa visione fosse scomparsa da 15 anni, invece è ancora forte in certi ambienti. Per fortuna è solo una reminiscenza del passato e ormai una rarità.

Provo a ricordare cosa è un imprenditore: non è colui che fa tutto il lavoro da solo ma colui che crea, organizza e gestisce un team di professionisti per realizzare un prodotto al meglio. Un self-publisher, un autore che si autoproduce, è un imprenditore a tutti gli effetti e da almeno 10 anni (voglio essere molto buono) non esiste più la figura del One-Man-Army (come dicono gli americani, una sorta di rambo che con tutte le armi indosso combatte la sua guerra personale contro tanti nemici), ma esiste e opera quella dell’autore che crea, organizza e gestisce il suo team di professionisti per ottenere un prodotto editoriale spesso più avanzato di quello delle stesse case editrici.

Un altro aspetto emerso, e secondo me decisamente contraddittorio, è lo sconsigliare con forza l’attività di autopromozione da parte degli autori, attività vista come ingenua e spesso dannosa nei confronti degli uffici stampa delle case editrici. E in questo concordo. Il problema è l’impossibilità per una casa editrice di promuovere in modo costante ed efficace tutti gli autori, e quindi, come logica conseguenza, questi devono autopromuoversi.

Come ha fatto notare una signora del pubblico presente in sala, gli editori non vogliono che gli autori si autoproducano, ma che si comportino come tali sotto il controllo di un editore.

simpleoldtypewriter-300px (1)Molto interessante tutto il discorso sullo scouting, come l’editore cerca e trova i futuri scrittori professionisti. Non ci sono modi magici per trovare gli autori, si tratta di un lavoro minuzioso,  di intuito e qualche volta di fortuna.

La grande quantità di manoscritti inviati alle case editrici spesso non riceve risposta, ma, secondo alcuni, vengono “almeno spulciati”. Inviare il proprio manoscritto alle case editrici è ancora una opzione valida; ci vuole tanta fortuna e pazienza, ma non è solo tempo sprecato.

I concorsi e le piattaforme online sono le due principali aree di ricerca per i cacciatori delle case editrici e un po’ tutte si sono adeguate ai nuovi strumenti della rete. Diventano importanti i contest online e le piattaforme di publishing quali wattpad e simili.

Due cose mi hanno colpito molto. Oltre alle piattaforme online (che mi aspettavo), sta emergendo la figura dell’agente: una figura che sostituisce in qualche misura quella del lettore e valutatore ormai scomparsa dalle case editrici. Il rovescio della medaglia è che spesso gli agenti vogliono essere pagati per la prima valutazione.

Sempre di più si cercano i nuovi futuri autori nella fan fiction (chi ha pensato a ‘50 sfumature’ ha colpito nel segno). Fino a pochi anni fa la fan fiction era considerata anche peggio del self-publishing, quindi è un dato di fatto che la visione degli editori sta cambiando.

La terza e quarta tavola rotonda, che vertevano rispettivamente su Lit-blog e riviste e critica letteraria, rappresentano un passaggio fondamentale per la letteratura italiana (e non solo) e un vero tuffo nel passato per me: ricordo quando cercando le riviste letterarie in giro per la città si organizzava una sorta di mercato nero degli stampati con tanto di fotocopie perché non c’era altro modo.

Dalle due discussioni è emerso un dato importantissimo, la critica letteraria. Dove è finita la critica letteraria? Veramente i critici legati ai grandi giornali e alle case editrici sono degni di fiducia? Un piccolo hint: no.

Il vero critico letterario deve essere completamente separato dall’ambiente editoriale, altrimenti il suo lavoro rischia di essere compromesso.

Le riviste letterarie, vera ricchezza del mondo editoriale, e oggi sempre di più i blog, sono importanti, sono terreno di scouting da parte delle case editrici e sono un importante canale di ricerca delle voci nuove e interessanti della letteratura.

Molto più degli algoritmi automatici dei vari store online sono le riviste e i blog letterari i veri canali dove individuare e scoprire nuove voci.

E sembra incredibile, ma ci sono persone vere dietro quelle pagine web, persone simpatiche, che pensano e ragionano; molto più interessanti di un algoritmo automatico.

Infine, last but non least, la tavola rotonda sulla promozione nella rete ha fatto emergere due dettagli importanti.

Bene o male la promozione sul web è uguale a quella fuori, solo più veloce. Le agenzie di advertising e gli uffici stampa creano contenuti e percorsi tematici e cercano di far conoscere l’autore/prodotto sperando di portare gli utenti all’acquisto.

La cosa interessante è che queste azioni di advertising non sono fini a se stesse, ma cercano di creare delle storie. La promozione è vista come una storia e uno strumento per costruire qualcosa oltre la vendita impulsiva. Non ci si vuole fermare alla presentazione del prodotto, ma si punta alla sua crescita e continuità nel tempo.

La seconda cosa rilevante che ho notato è la difficoltà che tutti hanno nel capire l’efficacia delle strategie di marketing nella rete.

Tra i relatori Leonardo Luccone ha espresso in una singola frase l’intera difficoltà del settore, una battuta che riassumo in «Il marketing sul web funziona? Non lo so, ma bisogna farlo».

La difficoltà non è nella creazione delle campagne di marketing o nell’attrarre l’interesse degli utenti, la difficoltà è insita nello strumento stesso che non si presta a essere misurato. Una cosa non misurabile non è neppure valutabile.

Questo forse è il cuore del problema della promozione delle case editrici che ancora puntano più alla presentazione in libreria o al passaggio in tv che alla presenza in rete.

Purtroppo, come registrato anche da chi è intervenuto, il problema della rete (e dei social network in particolare) è la volatilità delle informazioni.

L’esempio riportato da Giovanni Francesio di Frassinelli è stato illuminante: mesi di lavoro per riuscire a far parlare del proprio libro un vero big della rete. Operazione riuscita, il big scrive un post sul libro e ottiene 190.000 (centonovantamila) like e oltre 30.000 (trentamila) condivisioni. In concreto a quanti libri venduti corrispondono questi numeri? Non c’è modo di saperlo… (anche se, fra le parole, si poteva rilevare un non detto «comunque non un granché»).

E per finire, i momenti topici della giornata: la pausa pranzo e la pausa caffè. Veri momenti di incontro.

Una giornata spesa bene, direi, credo sia il miglior riassunto possibile.

Considero queste giornate, questi incontri, come dei reality check (per dirlo all’americana, che fa figo), momenti importanti in cui si confrontano le proprie opinioni con quelle altrui, soprattutto di persone qualificate e preparate.

Spesso le opinioni altrui non coincidono con le nostre, si scopre che l’idea degli altri è diametralmente opposta, ma a maggior ragione è importante sentirla e sentirla fuori dalla rete, dal vivo.

In rete potrei discutere e litigare per giorni con chi non ritiene il self-publisher un reale imprenditore, ma solo un vanitoso principiante. Sono certo invece che di persona la discussione si risolverebbe in 30 secondi, per poi passare alle cose realmente importanti.

Questo per dire che di tanto in tanto bisogna esserci, bisogna partecipare agli eventi, bisogna confrontarsi dal vivo con i protagonisti della nostra realtà, non quelli chiassosi che ottengono 190.000 like qualsiasi cosa dicano, ma quelli che lavorano veramente, dietro le quinte, quelli che la nostra realtà la creano giorno dopo giorno.

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Massimiliano Enrico è in rete con il nickname LordMax. Lavora nel campo informatico ed è coach tecnico per scrittori. Il suo sito è narrastorie.it e il suo motto è «Ogni storia è vera, semplicemente alcune non sono mai accadute»

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3 Commenti

  1. Vania ha detto:

    Gentile Massimiliano Enrico, la sua relazione è decisamente interessante. Incoraggiare momenti di condivisione è fondamentale e mi pare che il lavoro di cui parla abbia portato proprio a questo: complimenti.

    Tuttavia mi spiazzano un po’ alcune sue considerazioni, che sicuramente sarebbe interessante approfondire con lei, vista la sua esperienza in rete e nella gestione di certe dinamiche. Le espongo brevemente le mie perplessità:

    1) L’autore che diventa editore di se stesso, grande opportunità del self-publishing e siamo d’accordo, ma non è che tutti gli autori siano in grado di comprendere quello che fanno. Ci sono migliaia di nuove pubblicazioni lanciate sulle piattaforme che oggi offrono tale possibilità: Kobo, Lulu, Amazon e via dicendo. Onestamente, da lettrice, a me pare che la qualità ne stia risentendo non poco. Sto leggendo diversi libri auto-prodotti, a fini di studio nel settore. Certo, più di qualche autore fa ricorso a professionisti che lo aiutino a procedere con le varie fasi della pubblicazione (editing, grafica etc), ma sono rarità, la maggior parte fa da sé e si vede, anzi, si legge.
    Se da un lato il self-publishing ha consentito agli autori di evitare le trappole di certe editorie a pagamento (concorsi fittizi, spese da capogiro etc), dall’altro ha semplificato talmente tanto la pubblicazione da escludere quasi del tutto il controllo qualità. Forse sarò all’antica, ma non mi pare un fatto così positivo. È come se qualcuno che non sa nulla di uva si mettesse a far vino solo perché gli piace. D’accordo diventerebbe un imprenditore lui pure, come gli altri viticoltori, ma prima di imparare a gestire al meglio la cosa rischierebbe di intossicare il mercato con prodotti scadenti.

    2) Un critico letterario che sia del tutto fuori dal mondo editoriale forse non riuscirebbe a comprendere a pieno le dinamiche di certe pubblicazioni. Magari servirebbe, piuttosto, più umiltà su tutti i fronti.

    Un cortese saluto e grazie ancora per l’interessante restituzione.

    Con stima.

  2. Elena Asteggiano ha detto:

    Vania, grazie per gli spunti di riflessione. Anch’io credo che la disintermediazione in editoria, cioè che un autore per pubblicare non sia più obbligato a passare attraverso la mediazione di un editore, porti con sé forti contraddizioni, soprattutto per la qualità della lettura. Però ha con sé la ricchezza di poter scegliere di più (prendendo a volte anche dei bidoni, è vero), più titoli che l’editore non farebbe uscire non perché non meritano, ma perché non vuole rischiare l’investimento.

  3. lordmax ha detto:

    Grazie per i complimenti.
    Immagino che l’obiettivo del Premio Calvino fosse proprio quello di creare un momento di condivisione. E ci sono riusciti.
    Per altro, durante l’incontro hanno ventilato l’ipotesi di replicare l’incontro durante il salone del libro quindi altro momento molto interessante.

    Per quanto riguarda le perplessità provo a rispondere anche se in parte sono considerazioni emerse durante gli incontri e potrebbe essere complesso dare l’esatto punto di vista dei presenti.

    1) Il self publishing è solo diventato più facile non è comparso recentemente. Svevo stesso si è autopubblicato. Io auspico un futuro in cui gli autori siano totalmente in controllo del proprio prodotto e creino il proprio team di professionisti per arrivare alla realizzazione di un prodotto di qualità. In questa fase di transizione è purtroppo normale che ci siano molti prodotti di bassissima qualità ma la invito a riflettere sui prodotti delle grandi CE, anche lì la qualità è spesso pessima.
    Purtroppo il controllo all’ingresso fornito dagli editori è diventato sempre più scadente e sempre meno affidabile.
    Molti grandi autori del passato (Pasolini, Moravia, Livio Garzanti, il già citato Svevo e via dicendo) hanno inziato la propria carriera come autopubblicati.
    Io penso che se la qualità e il desiderio sono presenti in qualche modo l’autore emergerà e chi invece non è in grado di raggiungere il giusto livello di qualità semplicemente finirà nel dimenticatoio.

    Ai miei autori spesso faccio una domanda che si può riassumere in “Ai tempi di Dante vi erano scrittori che non scrivevano in versi e rifiutavano lo stile dell’epoca. Me ne sai citare qualcuno? No? Chiediti il perché”

    Nel caso del viticultore fatto sopra sarebbe il mercato stesso a eliminare il problema.
    Le voci girano in ogni settore.
    Se il novello viticultore saprà apprendere le giuste nozioni per arrivare a un prodotto di qualità allora potrà emergere altrimenti semplicemente fallirà.
    Per emergere non potrà fare tutto da solo, avrà bisogno di collaboratori che lo aiutino in quelle aree in cui non è ferrato.
    Esattamente come un autore che avrà necessità di editor, correttori, grafici e impaginatori professionisti e lui dovrà imparare non solo le tecniche di scrittura ma anche quelle di gestione di un team di lavoro.

    Io vedo una grande ricchezza in questo e noi siamo proprio nel mezzo di questo cambiamento.

    2) Nel caso del critico letterario ammetto la mia ignoranza. Ho riportato quanto emerso dalla tavola rotonda non avendo esperienza nel campo della critica.
    Ammetto che un critico in qualche modo legato alle case editrici non potrei vederlo come obiettivo ma forse è in parte un mio limite.