Lettore o consumatore: questo è il problema?

Il “lettore-tipo”, chi è questo sconosciuto? Se fino a qualche tempo fa persisteva nell’immaginario comune la figura del lettore colto e circondato da un’aura quasi mistica, oggi, con l’avvento delle nuove tecnologie e con gli stravolgimenti del mercato editoriale a livello internazionale, anche quest’ultimo mito cade.

Sono l’industria culturale e quella  editoriale a riportarci con i piedi per terra, invitandoci ad abbandonare la definizione di «lettore» per sostituirla con quella di «consumatore», inquadrando così «il pubblico» da un punto di vista assolutamente commerciale. Questo suggerimento viene formulato a seguito di un’evoluzione naturale di diversi fattori.

Sì, è vero, il lettore tradizionale, quello che stabilisce un legame quasi intimo con il libro stampato potrebbe, oggi, sentirsi ferito, quasi offeso da un sistema culturale che sembra declassarlo fino a renderlo unicamente un numero economico da tenere sotto controllo per aumentare le entrate dell’industria editoriale. Ed è probabile che un fondo di verità ci sia (dopotutto si tratta pur sempre di affari).

Tuttavia alcune voci dell’editoria italiana sembrano quasi volerci rassicurare.

Per esempio, Riccardo Cavallero (Direttore generale Libri Trade del Gruppo Mondadori e, da giugno 2011, Amministratore delegato di Einaudi) ha sottolineato quanto il ruolo di questo neo-accessoriato consumatore di contenuti editoriali e/o informativi (perché ormai è questa la definizione corretta) debba essere il centro delle attenzioni degli editori:

«Il potere passa al lettore, che è quello che decide cosa vuole, quando lo vuole, come lo vuole e a che prezzo. Potremmo comparare tutto ciò alla rivoluzione copernicana. Non è l’Universo a circondare la Terra; la Terra è solo un pianeta che gira attorno a un Sole, il consumatore, il lettore. Questo è il gran cambiamento».

I “confini naturali” del libro, per come abbiamo imparato a conoscerlo, si fanno sempre più evanescenti e nuovi dispositivi di lettura, nuove abitudini, nuovi modelli di comunicazione e nuovi modelli di business penetrano nel tessuto sociale ed economico talmente in profondità da cambiarne il volto.

Ecco che avviene la scissione di «contenuto» (visto come valore aggiunto) e di «contenitore» (il supporto). Un contenitore che di volta in volta cambia, a seconda delle esigenze (può essere un tablet, uno smartphone, un ereader). La “dispersione” amplificata di tali contenuti, permessa da questi mezzi digitali, produrrà un guadagno generato dai servizi offerti.

Gutenberg e soci avrebbero avuto certamente qualcosa da ridire e si troverebbero spiazzati da futuristici concetti e improbabili terminologie per loro prive di valenza, ma il concetto generale di evoluzione implica per definizione  nuovi scenari, nuovi ruoli e nuove partite da giocare.

Insomma, il benedetto lettore è vittima o figura chiave di questo cambiamento epocale? È il cristiano dell’antica Roma sbranato dai leoni o è il gladiatore di cui anche l’imperatore ha rispetto?

In un Paese come l’Italia che è ancora all’ABC digitale fare scommesse o formulare ipotesi sarebbe davvero troppo azzardato. Tuttavia una certezza c’è, esiste: come in ogni “lotta epica” – e questa lo è di certo – il meglio (a voi la scelta d’intendere ironicamente o meno il termine) deve ancora arrivare.

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15 Comments

  1. Parto dal concetto principale che si legge per: imparare, passare il tempo, per lavorare, per puro piacere, o anche per evasione o per non annoiarsi, questi credo sono i motivi principali.
    Quindi: l’attenzione ai contenuti.
    Che poi chi legge sia “necessariamente” anche “consumatore” è pur sempre vero, in maniera più o meno evidente. In qualsiasi condizione. Chi compra il libro cartaceo, non se ne accorge, mette in moto una serie di eventi che, indirettamente, spingono al consumo, dagli alberi al sistema di trasporto dei libri stessi, dai mobili che bisogna costruire per alloggiarli, all’organizzazione delle biblioteche (compresi i relativi e tanti servizi) ecc.. Tutto ciò è consumo che fa chi legge.
    Passando al digitale il modo di consumare cambia, ma sempre di consumo si tratta, che vanno dai vari device sempre più utili allo scopo, al consumo della connessione ad internet, ai software, alle batterie e tante altre cose. Penso che ciò sia una logica evoluzione dei modi di usufruire dei contenuti. Tutto qui. Piuttosto sarei contrario a quelle distorsioni che “drogano” e manipolano il normale consumo e il mercato. Tra le tante, ci metterei anche la tendenza all’”obsolescenza programmata” (sotto molte forme) di molti device che non va di certo a favore dell’utenza, e ai servizi non sempre eccellenti.
    Il lettore è sia il gladiatore che il cristiano che si fa sbranare. Ma, in che misura, molto dipende da lui.

  2. E’ difficile consumare quando la pubblicità o, se si vuole, le newsletters che ti inviano dalla libreria digitale a cui sei registrato ti consigliano mondezza.
    Stranamente io i libri li scelgo con il naso anche quelli digitali e non mi sbaglio…

  3. CarloC54 says:

    Direi che il fenomeno “consumatore” sta diventando fastidioso, almeno da parte di alcune case editrici. Sono un ebook dipendente (sopratutto collane fantasy e urban fantasy)e ultimamente sto assistendo ad un aumento indiscriminato dei prezzi degli eboook e, cosa veramente poco seria, l’interruzione della pubblicazione della serie in formato elettronico a favore del cartaceo. Questo mi costringe ad interrompere una lettura o a rivolgermi alla pirateria (non voglio il cartaceo per motivi di spazio e di vista). Speriamo che non diventi una trovata commerciale!!

  4. …senza considerare il fatto che, a dispetto di quanto viene sbandierato, la scelta di ebook (in Italiano) è in realtà ridottissima. Parlando, ad esempio, di autori piuttosto commerciali (e quindi, almeno teoricamente, ghiotti per l’editoria), basta vedere cosa è disponibile di Frederick Forsyth e Clive Cussler. Le nuove leve credo li apprezzerebbero moltissimo, ma se vogliono leggerli devono andare sul cartaceo. E non è un problema tecnico: i testi tradotti sono certamente già pronti in elettronico,volerli pubblicare come ebook è un’operazione a bassissimo costo industriale, basta volerlo fare.

    • Sì, Max, sembra paradossale ma dato che tutte le fasi di produzione editoriale sono fatte in digitale – tutto passa da computer e approda in file – la vera anomalia non sono gli ebook ma in verità sono i libri a stampa. Si ha già un file ma…lo si stampa. E poi magari non si rilascia del libro la versione digitale. Anomalie.

      • Ciao Elena, Max, non fate torto all’industria editoriale dimenticando forse un aspetto a questo punto poco noto 😉 Quando all’epoca – e banalmente possono anche essere cinque anni fa – si fecero i contratti con gli autori (italiani o stranieri, famosi o sconosciuti) negli accordi la pubblicazione digitale non era contemplata, di conseguenza le case editrici devono rinegoziare questi diritti con gli autori per evitare spiacevoli conseguenze giudiziarie. Chiedere a Marco Giacomello per credere 🙂 Quindi sì, l’ebook in potenza esiste ma non può essere messo in commercio.

  5. CarloC54 hai detto cose verissime ma mi cadi sulla pirateria che, ricordiamolo, è reato.

    • CarloC54 says:

      Concordo pienamente che la pirateria di per se è un reato. Forse chiamandola libero scambio fa meno male (capisco che è la stessa cosa) io comunque se trovo l’ebook lo compro sempre (e ne compro un centinaio all’anno) è la scorrettezza delle case editrici che a volte ti fa andare fuori dai gangheri, comunque non gli faccio perdere niente anzi se poi si decidono a pubblicare di solito compro l’originale,,,

  6. Vero, Luca, ma chi lavora in editoria sa anche che a tardare nel contrattualizzare il digitale è proprio l’editoria a perderci, e spiego il perché.
    Fino a ieri l’autore poteva non sapere che è suo diritto stampare con un editore, ma cedere la versione digitale a un altro editore, per migliori condizioni distributive e remunerative. Se aspetto a sottoporre alla firma, l’autore potrebbe venir a sapere che altrove (Amazon per dire un nome, vero?) gli riconoscono il 70% di diritti rispetto al 6-8% dato dall’editore tradizionale.
    Per quanto può reggere una diga che ha modelli di calcolo vecchi rispetto all’acqua che sta confluendo nell’invaso?

    • Ottima osservazione Elena, quello che voglio dirti è che persino una piccola casa editrice, con dieci anni di vita metti, ha un numero di contratti tali da rendere complicata la gestione della ridiscussione dei termini, figurati i grandi gruppi! E poi, i contratti standard vanno benne o bisogna adottare nuove formule dove si tenga conto della intangibilità del bene digitale cui si deve attribuire un valore in base a cosa? Ai download? A una somma forfait? Amazon per adesso non si propone come editore tout court e i guardiani della diga non si scompongono.

      • Sì, Luca, i contratti vanno rifatti completamente. Non basta aggiungere a quello per il cartaceo una formuletta “anche in digitale”, pena la nullità del contratto. Tanto per fare un esempio uno degli elementi essenziali del contratto per il cartaceo è la tiratura e va da sé che per il digitale non la si può indicare. Per questo i contratti non vanno improvvisati.
        Ma per tornare al post di Riccardo, lettore o consumatore?
        Per me consumatore può anche andare bene, ma poi l’editore deve accettare fino in fondo le mie reazioni di lettore che decide di non comprare ebook con drm Ade, ebook che sono mere pidieffature del cartaceo, ebook troppo cari per un valore aggiunto (in progettazione editoriale) che non è stato aggiunto. 🙂

        • Sottoscrivo entusiasticamente le ultime 4 righe del tuo commento!:-)

          • elena asteggiano says:

            Bene Marco, dato che siamo già ben due fondiamo un movimento 😉

        • Ciao Elena, lettore e consumatore per me sono sinonimi; quando ho preso qualche mese fa un libro cui mancava una segnatura – un preciso numero di pagine – sono tornato in libreria e me lo sono fatto cambiare; chi è contro i lucchetti rappresentati dal DRM Adobe può fare a meno di comprare ebook protetti (non sempre è la casa editrice a volerli ma l’autore o il suo agente); i PDF non li compro neppure io; se un ebook è troppo costoso (ma non pretendo che sia a zero euro sempre) lo lascio sullo “scaffale”. Ci informassimo tutti di più, come si usa quando dobbiamo comprare un’automobile, potremmo acquistare con maggiore consapevolezza sia libri di carta sia libri elettronici 😉