Dalla nascita del World Wide Web sono passati poco più di vent’anni, eppure il concetto di accesso e condivisione di contenuti è stato totalmente stravolto.
Se ci pensiamo bene, fino all’avvio “commerciale” del web, nessuno si sarebbe sognato di tenersi aggiornato sui fatti del mondo attraverso un pc, figurarsi attraverso un’app; l’unico modo era aspettare al mattino il giornale fresco di stampa o seguire TG o radiogiornali.
Oggi, invece, migliaia di contenuti vengono lanciati, diffusi e aggiornati in un flusso continuo attraverso il web.
Sorge spontaneo riflettere sul fatto che, se un tempo non si sentiva la necessità di un così forte flusso d’informazioni, la facilità con la quale ormai vi si può accedere fa scattare la sensazione di bisogno incontrollato. Come accade con gli acquisti impulsivi.
Lo sanno bene quanti da anni si affidano a sistemi utilizzati da siti e blog quali i feed rss o le newsletter.
Un nuovo step sta però per concretizzarsi, anzi, in alcuni casi è già una realtà.
Diciamolo pure, avere la possibilità potenzialmente infinita di accedere a informazioni è un conto, ma tenere d’occhio tutto quello che ci interessa si rivela spesso faticoso e poco pratico. Visitare ogni singolo sito di nostro interesse, a volte quotidianamente, per esigenze di lavoro, senza magari trovare nulla di saliente, non è il massimo.
Ecco che grandi menti in ambito tecnologico (ma anche di business) si sono spesi per migliorare il comfort dei navigatori in difficoltà e, perché no, per costruire una solida customer base e ricavarne “quattro spiccioli”. È così che nascono gli aggregatori di contenuti.
I profani si staranno chiedendo di quale prodigio si tratti. Tutti gli altri conosceranno fin troppo bene i vantaggi dell’utilizzo di questi strumenti.
Una premessa è però doverosa. Quando qui parliamo di aggregatori di contenuti non ci stiamo riferendo a quella particolare categoria che, a scopi unicamente commerciali, riproduce integralmente, o quasi, un post o un articolo. Gli aggregatori di questo tipo altro non sono che volgari “produttori” di plagio. Non è sufficiente citare una fonte se poi si “pesca” tutto il contenuto, riproducendolo pari pari, senza aggiungere nulla di nuovo e/o originale. E se il buonsenso non basta a fermare questo malcostume ormai troppo diffuso, per quelli che fingono di non saperlo ci sono una legge apposita (quella sul diritto d’autore, in Italia) e una Convenzione Internazionale (quella di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche) che vietano esplicitamente le pratiche degli aggregatori di tal fatta.
Tra i tanti presenti sul mercato digitale un certo successo lo stanno avendo Pulse e Flipboard.
Nata e sviluppatasi velocemente dalla primavera del 2010 con la diffusione di tablet e simili, Pulse è diventata una delle App più utilizzate in assoluto. È disponibile su iPad, iPhone, Android, Kindle Fire, Nook e, come accennato, in versione web per pc o Mac.
Ho personalmente provato la versione web di Pulse per vedere un po’ in prima persona che cosa può offrire.
La grafica ti conquista e, in effetti, permette di avere – una volta inserita qualche informazione sul tipo di news desiderate – tutto su un’unica schermata molto fluida a riquadri, con testi e immagini, corredata da un semplice ma utile menù laterale in cui sono disposte le categorie da noi prescelte. Se l’utilizzo fatto da pc può rivelarsi piacevolmente utile, da smartphone e altri dispositivi mobili lo è ancora di più, proprio per le sue caratteristiche di utilizzo e le sue potenzialità.
Pulse è caratterizzato anche dalla presenza di canali video, feeds di notizie locali, ha una funzione che permette di selezionare una o più news da leggere in seguito e ha creato anche una partnership con il «Wall Street Journal» per rendere disponibili, a pagamento, alcuni contenuti speciali estratti dalla ben nota testata. Da Pulse, ovviamente, si può anche ripostare un contenuto su Facebook o retwittarlo su Twitter.
Il successo di Pulse ha spinto i suoi investitori a lanciare un report analitico mensile chiamato Pulse Insight per osservarne meglio i suoi risultati. Una notizia particolarmente rilevante riguarda, poi, il recente acquisto di Pulse da parte del social network “lavorativo” LinkedIn, per la modica cifra di 90 milioni di dollari. L’integrazione tra le funzioni base di LinkedIn e le potenzialità di Pulse, piattaforma da 30 milioni di utenti, potrebbe dar vita a un ibrido interessante caratterizzato da un imponente ampliamento di target; proprio questo – quasi certamente – l’obiettivo di Linkedin.
Di notevole pregio risulta essere anche Flipboard che, pur condividendo alla base la filosofia di qualsiasi aggregatore di contenuti, ha fatto un passo in più nella direzione del self-publishing.
La nuova versione 2.0 permette, infatti, di selezionare le notizie e i contenuti d’interesse che vengono poi aggregati in una sorta di «rivista digitale sfogliabile»: se ne può curare la copertina, si possono scegliere i titoli per le varie news, affiancargli contenuti audio/video e si può condividere l’intero magazine (o i vari magazine, dato che si ha la possibilità di crearne diversi) sulla piattaforma Flipboard.
Insomma, un utente ha la possibilità di mostrare i propri gusti, le proprie idee e i propri interessi creando una rivista fatta su misura e diventando, per così dire, editore.
Le novità sono tante, a partire dalla già citata veste grafica. Ma non finisce qui, c’è molto di più. Innanzitutto – trascinando sulla toolbar del nostro browser preferito un bookmarklet – la possibilità d’inserire con un solo click qualsiasi contenuto proveniente dal web direttamente sulla nostra rivista digitale.
Da non sottovalutare è poi la presenza, all’interno di ogni contenuto presente in Flipboard, del pulsante “ + ” che dà la possibilità di scegliere contenuti condivisi o pubblicati da altri utenti e condividerli a nostra volta, creando una rete di connessioni. La nuova versione 2.0 utilizza anche un sistema di commenti agli articoli.
Anche Flipboard è disponibile su iPad, iPhone, Android, Kindle Fire, Nook, ma a differenza di Pulse non può essere scaricato su PC.
In un clima così animato da evoluzioni e potenziali successi è chiaro che gli investitori non stiano con le mani in mano. È di poco tempo fa la notizia dell’acquisizione di Summly – software per iPhone utilizzato per sintetizzare e proporre notizie agli utenti – da parte di Yahoo!, titano commerciale che si nutre di contenuti di vario genere.
Dietro l’acquisto della nota App si nasconde, neanche troppo velatamente, la volontà di Yahoo! di mantenere e potenziare il suo potere investendo anche sulla tecnologia “in movimento”.
Un colosso come Yahoo!, infatti, non può non tener conto del sempre crescente impatto che stanno avendo sulla società e sull’informazione dispositivi mobili quali tablet e smartphone, complici anche i contenuti che essi veicolano.
Ecco perché pare che abbia addirittura sborsato 30 milioni di dollari per un’App creata solo tre anni fa da un talentuoso diciassettenne, Nick D’Aloisio, creatore e fondatore di Trimit, software per iPhone che abbreviava le news in 140 caratteri per farle entrare in un tweet, e che poi si sarebbe evoluto in Summly.
L’enorme diffusione di strumenti come Flipboard o Pulse sta quindi tracciando una strada che gli investitori sembrano voler percorrere: grandi marchi commerciali, per esempio, potrebbero essere interessati a creare riviste digitali appositamente ottimizzate e con contenuti esclusivi per queste App, vedendo in tale evoluzione una possibilità concreta di riscontro monetario. E se facciamo quattro conti, dato l’enorme e sempre crescente numero di utilizzatori di questi servizi, i risultati in termini economici potrebbero addirittura rivelarsi sorprendenti.
.
Queste mi mancavano, ottimo lavoro come sempre, vado a scaricarle.
Io ho sostituito Google Reader che esce di scena con feedly, mi trovo benissimo e dà ampie possibilità di condividere sui social media i contenuti in lettura.
🙂