La rubrica #EbookIncipit di eBookReaderItalia.com è un appuntamento con gli ebook autoprodotti, il selfpublishing, e con i libri pubblicati in solo formato digitale. Leggerete qui l’anteprima di ebook distribuiti in proprio oppure attraverso piattaforme selfpub, ma anche progettati da “editori 100per100 digitali” o in collane solo digitali di editori tradizionali. Non parliamo addosso a un autore e ai suoi scritti, invece vi offriamo in lettura l’incipit della sua opera, un’anteprima delle prime tre “cartelle” – come si dice in gergo editoriale – cioè 5400 battute.
In #EbookIncipit è l’autore a mettersi in gioco con i brani d’inizio del suo ebook. Il titolo che vi proponiamo oggi è…
No slot
Anatomia dell’azzardo di massa
a cura di Marco Dotti
Premessa
di noslot.org
Il gioco d’azzardo è diventato un meccanismo diffuso endemicamente, ha prodotto degli effetti di carattere sociale, indotto forme di dipendenza, favorito indebitamento e usura e ha dato modo al crimine organizzato di radicarsi. A fronte di questa pervasività radicale, abbiamo ancora il “difetto” di considerare la dipendenza da slot machine come una conseguenza, seppur minima, di un atto di volontà. «Se a qualcuno succede – questo è il nostro retropensiero -, se qualcun altro ci casca è perché, in fondo, se l’è andata a cercare.» Eppure non solo la logica, ma le ricerche più avanzate nell’ambito delle neuroscienze e delle scienze sociali ci offrono una smentita salda e pressoché definitiva: la dipendenza da slot machine non è un fenomeno relativo alla volontà. Suoni, luci, velocità e contatto con i tasti, progettazione, design di macchina e ambiente: tutto contribuisce a costituire un labirinto sensoriale da cui è difficilissimo uscire, ma da cui davvero tutti – giocatori e non – possiamo essere attratti.
Non è un gioco, non è un vizio, non è una “scelta” finita male, dunque. Non è, in altri termini, un “peccato” che il giocatore e i suoi familiari devono indefinitamente espiare. La dipendenza da queste macchine infernali è solo e nient’altro che dipendenza, ossia schiavitù emotiva, affettiva, economica, relazionale. Una schiavitù che è di fatto legittimata da un banalissimo comma (il sesto) di un semplicissimo articolo (il 110) del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, il cosiddetto Tulps, che nel 2003 ha introdotto in Italia una nozione ibrida, quella di “gioco lecito”.
Nonostante l’azzardo sia tuttora considerato un illecito dal Codice penale (art. 718 e seguenti), nonostante la dipendenza (ribadiamo: la dipendenza) da gioco d’azzardo sia stata recentemente riconosciuta dal nostro ordinamento come una patologia, lo stesso ordinamento è stato ed è costretto a piegarsi giorno dopo giorno a ragioni formalmente antigiuridiche e sostanzialmente ingiuste.
Prendiamo due definizioni elementari dall’Enciclopedia Treccani:
Volontà: «potere insito nell’uomo di scegliere e realizzare un comportamento idoneo al raggiungimento di fini determinati».
Dipendenza: «condizione di incoercibile bisogno di un prodotto o di una sostanza, soprattutto farmaci, alcol, stupefacenti, riguardo ai quali si sia creata assuefazione e la cui mancanza provoca uno stato depressivo, di malessere e angoscia e talora turbe fisiche più o meno violente».
Sembra chiaro che i due concetti si escludono. Sono in una relazione che un logico chiamerebbe di antinomia. O c’è volontà, o c’è dipendenza. Sostituiamo il termine «volontà» con «libertà» e il risultato non cambia.
Libertà: «facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo».
Prendiamo ora un caso concreto.
Saronno, provincia di Varese: l’omicidio apparentemente senza scopo o movente di una donna, titolare di una gioielleria, ai primi di agosto del 2013.
Un caso che ha fatto scalpore più che altro per la brutalità e per la taglia offerta dagli impresari di una catena di “Compro Oro”. Il responsabile, si scoprirà in seguito, era un ragazzo della zona. La notizia, presto derubricata in quinta pagina, ha un che di inquietante. Mentre tutti si attendevano il serial killer, lo zingaro, si sono ritrovati faccia a faccia con quell’ospite inquietante che oggi assume sempre più le fattezze del “ludopatico”. Antonio Maggio, padre di Alex, l’uomo che ha ucciso Maria Angela Granomelli, la gioielliera di Saronno, ha infatti raccontato una verità inaspettata al quotidiano «Il Giorno»: «Mio figlio è stato rovinato dalle slot machine. Era un bravo ragazzo – racconta -, non lo sento da tanto, abbiamo interrotto i rapporti circa tre anni fa, ma sono sicuro di una cosa: a rovinarlo sono state le slot machine: giocava e perdeva tutto quello che guadagnava».
Dobbiamo riflettere sulle cose e le cose ci dicono che:
1) Una donna è stata brutalmente massacrata, senza alcun motivo criminale apparente (rapina, furto, violenza ecc.). La sua morte assomiglia più a quella consimile di molte persone vittime di soggetti sotto effetto di metanfetamina o crack;
2) Un certo numero di imprenditori del “Compro Oro” hanno pensato bene di mandare in giro per la città un furgoncino con il cartello recante l’indicazione di una taglia sull’assassino;
3) Il responsabile dell’omicidio era fortemente dipendente dalle slot machine.
C’è qualcosa che inquieta, in questa semplice giustapposizione di eventi. Qualcosa che sembra la spia di una guerra civile strisciante, in atto, di cui non vogliamo parlare. Cerchiamo di individuare la volontà (criminale) o la libertà (di consegnarsi al male), ma troviamo solo miseria e dipendenza.
Ragioniamo: non «perché l’ha uccisa», ma «cosa l’ha spinto a una violenza così bruta e gratuita»? Su chi dovremmo mettere una ipotetica taglia, ora? Sui mandanti? Siamo sicuri che questa dipendenza non sia, forse, la più devastante rispetto a ciò per cui dovremmo nutrire il massimo di cura e attenzione, il nostro senso di – fuor di retorica – umanità?
Attenzione: qui non si tratta di elaborare l’ennesima strategia di fuga dalle responsabilità individuali. Qui si tratta di non fuggire noi, come collettività, al dovere di porci domande serie, radicali: dove stiamo andando? Colpevole è chi dall’alto prospera su questo business che produce miseria, ma colpevole è anche chi, nel silenzio, si crede al sicuro, ma non lo è.
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- Autori: Pietro Barcellona, Leonardo Becchetti, Luigino Bruni, Francesco Cancellato, Marco Dotti, Marcello Esposito, Simone Feder, Gabriella Meroni
- Curatore: Marco Dotti
- Bio: Marco Dotti è nel gruppo di direzione del mensile «Communitas» e della redazione di «Vita». È docente di Professioni dell’editoria al corso di laurea in Comunicazione (Cim/Cpm) dell’Università di Pavia. Aderisce all’associazione Movimento No slot, per contrastare il gioco d’azzardo di massa.
- Anno pubblicazione: 2013
- Lingua: italiano
- Categorie: attualità, scienze sociali, ludopatia
- Pubblicato con: Feltrinelli Zoom
- Formati ebook disponibili: epub; formato Kindle
- Dimensione file: 1,2 MB
- Lunghezza: 55 pagine (previste)
- Protezione: social DRM
- File/Record aggiornato il: 21/11/2013
- ISBN: 9788858851791
- Prezzo: € 1,99
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Link formato Kindle su Amazon.it
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