Perché le app sono più cool degli ebook

In presenza di un’editoria che, quasi fosse una moda, sembra solo più far uscire app, ecco un  “guest post” che delinea le tendenze in atto intorno ai testi digitali. Schermi a scale di grigio oppure colori vividi da tablet? Ma non sembra questo il dilemma. Il problema sta nella progettazione editoriale e, certo non da ultimo, nelle esigenze del lettore. 

Il post è di Andrea Fava, responsabile dei progetti digitali e project editor presso Utet Editore (De Agostini).

 

Lo scorso 10 aprile Facebook ha annunciato l’acquisto per 1 miliardo di dollari di Instagram, in sostanza una piattaforma di condivisione fotografie online dal 6 ottobre 2010 fruibile scaricando gratuitamente una app. Certo i dati sono rilevanti: 30 milioni di iscritti, 1 miliardo di foto, 5 milioni di nuove ogni giorno. Visto il successo, Instagram rilascia la versione Android e ottiene 1 milione di download in 12 ore e poco dopo, appunto, 1 miliardo di dollari.

L'applicazione Instagram per smartphone

Che cosa c’entra con l’editoria digitale?
Non stupisce tanto che Facebook assorba un concorrente o integri una possibilità di espandersi – d’altronde anche Google ha acquisito YouTube – ma (oltre a un sempre più sensato timore per le cifre in circolazione che fanno immaginare una nuova bolla di Internet 2.0 dopo quella del 2000 sulla web economy) fa riflettere la sempre maggiore importanza delle immagini rispetto alle parole.

Non più di trenta anni fa nasceva internet, a base sostanzialmente di testo: il testo con i tag, l’ipertesto, i link ipertestuali, i BBS (Bulletin Board System), l’html, i blog, le e-mail e quant’altro.

Il web di oggi è illustrato e ricco di immagini, video e animazioni: da un lato, i progressi della fotografia digitale e la diffusione degli smartphone hanno reso la fotografia disponibile a tutti; dall’altro, il passaggio dal web 1.0 al 2.0 ha comportato un’enorme diffusione del concetto di condivisione, di distribuzione dei contenuti e l’ascesa dei social network.

Al punto che oggi i social network quasi si differenziano e distinguono proprio sulla base del loro rapporto tra testo e immagini e da come tale relazione funziona: si pensi a Twitter, Facebook, Google Plus, Tumblr, YouTube o Pinterest, naturalmente, il nuovo social quasi di sole immagini. Questo elenco sembra in scala: dal primo all’ultimo decresce il testo e cresce l’importanza delle immagini.

E l’andamento delle novità è una conferma di questa tendenza: la crescita di Flickr, Picasa, Instagram, Hipstamatic, l’introduzione su Facebook dell’interfaccia a timeline, la videochat Hangouts di Google plus, YouTube, Cinemagr.am. Anche Twitter, quintessenza del testo duro e puro, che ha inserito un uso seppur limitato ma presente delle immagini.

Se pensiamo poi che in un giorno in internet vengono caricati su Facebook 250 milioni di foto, vengono viste 864 mila ore di video e 4 miliardi di video su YouTube, risulta evidente che ci stiamo abituando sempre più a informarci “per immagini” in senso ampio.

E non è solo una questione di software, anche l’hardware va in questa direzione: il 27 gennaio 2010 Steve Jobs presentava il primo iPad. In poco più di due anni la diffusione e il moltiplicarsi dei modelli di tablet a colori e multifunzione sono stati dirompenti versus la diffusione degli ebookreader, di cui forse solo il Kindle tiene il ritmo.

E’ verosimile che quanti si avvicinano alla lettura digitale agiscano e siano influenzati in qualche modo da questo contesto, che indubbiamente predispone a propendere per le app ricche, multimediali e cool.

Un esempio è il caso (febbraio 2012) di The Fantastic Flying Books of Mr Morris Lessmore: un cortometraggio animato tratto da una app che ha vinto quest’anno addirittura il premio OSCAR di categoria. Si tratta di una storia fantastica di 15 minuti dedicata a chi ama la lettura e i libri. Nata come app è diventata poi un’animazione per il cinema e infine un libro di carta.

The Fantastic Flying Books of Mr Morris Lessmore in app, ebook e libro

Un caldo benvenuto a queste opere cross mediali e a tutte le app, ma facciamo attenzione a non ridurre di nuovo il dibattito tra apocalittici e integrati, come nel caso dei primi ebook rispetto ai libri di carta. Il tema non è decidere se è meglio una app o un ebook, un tablet o un ebookreader: dipende da che cosa voglio leggere e come.

L’editoria è un insieme molto complesso di prodotti diversi; sicuramente ci saranno settori e tipologie nei quali (basti pensare per esempio ai libri per ragazzi o ai fumetti) le app risultano adattissime e altri (saggi, romanzi o classici) nei quali l’incisività di una storia in bianco e nero, seppur digitale e non stampata su carta, non richiede per forza distrazioni colorate aggiuntive o enhanced.

 

Andrea Fava è autore di Ebook, qualcosa è cambiato, Baskerville, 2011 (disponibile a stampa oppure in ebook gratuito formato pdf).

 

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15 Comments

  1. Interessantissimo

  2. Molto vero: l’editoria è sempre di più un insieme complesso di prodotti diversi!

    • elena asteggiano says:

      E monica quindi ne consegue quanto sia complesso, ahinoi, progettare prodotti editoriali e lavorare nell’industria dei contenuti. 😉

      • … e come sempre più bisogna stare al passo con la tecnologia per proporre prodotti innovativi. Anche perché la vita media, seppur eterna in rete, si abbassa sempre più.

        • Elena Asteggiano says:

          filippo, spero bene tu stia parlando della vita media dei prodotti innovativi (che in effetti durano una stagione e già son superati) e non… della nostra! 🙂

  3. Certo, preponderanza d’immagini: è ormai una società di analfabeti

    • Elena Asteggiano says:

      buona intuizione, marco, davvero. sì, questa preponderanza di immagini e colori non fa ben sperare, sa di “effetti speciali” per riempire il vuoto. 😡

  4. JPG GENERATION!! Quella che verra’, noi siamo BMP!.. 🙂
    ps: pero se le parole sono in cirillico si esalta il ruolo semantico dell’immagine! Facendo la spesa in un supermarket russo le immagini dei prodotti mi hanno salvato: l’immagine oltre le barriere della lingua, sara’ una specie di esperanto?

  5. la questione si allarga alla “qualità” degli UCG..non tanto alla incisività della forma espressiva tramite immagini, video, effetti speciali roboanti.. sempre più il web si inonda di contenuti trash! saremmo sommersi dalla net spazzatura come le vie del centro storico di napoli? 😉

  6. La forza delle immagini da sempre fondamentali per il loro immediato impatto visivo si trasforma e assume un ruolo crescente e sempre più rilevante in differenti forme di comunicazione dei contenuti.

  7. Esattamente come un testo, un’immagine ha diversi livelli di interpretazione, di “lettura”, che non dipendono dall’oggetto in sè ma dalla capacità interpretativa dell’osservatore.
    Il fascino dell’immagine sta nel fatto di celare sempre una storia, anzi due.
    Quella dell’oggetto rappresentato e quella del suo autore.
    “Autore”… Sì. Chi racconta qualcosa di sè, dell’altro, della realtà, e lo fa a modo proprio, ad esempio attraverso un’immagine, cosa fa se non “scrivere”, diffondere conoscenze, trasmettere sapere?

    • elena asteggiano says:

      serena, e rispondo insieme a lellag e daniela, la valenza delle immagini come forma di vera e propria scrittura non è messa in discussione, anzi (basta con l’immagine vista nella pagina con un puro valore esornativo! ), ma la tendenza di certo web e di certe app ci porta invece a un’immagine vissuta come nella vignetta in cui a uno che maneggia un tablet viene chiesto: “Quanti ebook hai letto?” e lui con gran candore risponde “Io non leggo, guardo le figure”. 😉

  8. una splendida e sempre più attuale vignetta vignetta di Altan…

    • elena asteggiano says:

      grazie andrea, l’ho parafrasata a memoria ma il tuo commento mi sprona a indicare un link per vedere la vignetta di Altan, eccolo
      //espresso.repubblica.it/altan/2132913

      🙂

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