Roncaglia a RaiScuola: Comprendere la complessità grazie al libro (che sia di carta o ebook)

Vi segnaliamo il video dell’intervista realizzata da Rai Scuola a Gino Roncaglia nella quale in occasione del suo libro L’età della frammentazione ha parlato della “granularità” dei contenuti, della scuola e del digitale.

Certi di fare cosa gradita, al video di 11′ e 54” segue la nostra trascrizione dell’intervista (nostri la titolazione, i neretti e i corsivi).


Qui di seguito il link all’ebook in formato epub:
Ecco il formato Kindle  e per la copia a stampa il link Amazon:


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Gino Roncaglia. Il libro si intitola L’età della frammentazione proprio perché al centro del libro è la seguente tesi fondamentalmente che io cerco di argomentare. Nel mondo digitale oggi prevalgono contenuti brevi e frammentati: dalle mail ai messaggi di status sui social network, i tweet, i post su Instagram, gli stessi video di YouTube sono brevi, prevalgono dei contenuti brevi. Questo è un accidente? È una caratteristica essenziale del digitale? Da che cosa dipende questa prevalenza dei contenuti brevi e frammentati nel mondo digitale?

La mia impressione è che dipenda sostanzialmente in primo luogo dal fatto che il mondo digitale è ancora molto giovane e noi stiamo imparando adesso a come fare per integrare, per esempio, contenuti testuali, contenuti visivi, contenuti sonori negli stessi oggetti informativi. Già in passato avevamo meccanismi di costruzione di informazione ibrida, ma adesso è negli stessi oggetti informativi digitali che mettiamo e usiamo codici comunicativi diversi. Imparare a fare questo richiede del tempo.

Del resto anche quando abbiamo cominciato a imparare a scrivere i primi testi scritti erano testi brevi, frammentati. Se uno va a guardare gli archivi di Ebla, di Amarna, dove c’erano le tavolette che cosa trovavamo? Trovavamo lettere, trattati, contratti, tutte scritture brevi.

Le prime scritture lunghe vengono fuori lentamente, con il tempo, c’è bisogno di tempo per arrivare all’Iliade, all’Odissea, all’Epopea  di Gilgamesh, e in genere vengono fuori per aggregazione, costruzione progressiva partendo da materiali più frammentati.

In digitale siamo in un certo senso passati da un’età dei cacciatori e raccoglitori (io faccio un po’ un paragone con lo sviluppo delle società umane), dicevo, da un’età dei cacciatori e raccoglitori in cui ci si collegava rapidamente alla rete si prendeva quello che si trovava e lo si consumava all’interno del proprio computer, a un’età invece di creazione di primi insediamenti urbani, i primi siti web (vengono fuori tutte le metafore spaziali di insediamenti urbani), all’età dell’artigianato e del commercio, che è un po’ quello che facciamo oggi, l’autoproduzione di contenuti un po’ artigianale e farli circolare moltissimo. Ma non siamo ancora all’età delle cattedrali, questa costruzione organizzata di informazione complessa. Questo vuol dire che le nuove generazioni sono quelle che dovrebbero fare il passaggio da una rete, un web prevalentemente fatto di informazione granulare e frammentata a una rete che possa avere anche informazione complessa e strutturata. E questo è un passaggio delicato che deve essere aiutato da tanti fattori tra cui la scuola e la lettura, perché il libro è un po’ la sede della complessità.

Tutte queste cose sono importanti per imparare a lavorare anche con l’informazione strutturata.

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Il perché si usano le tecnologie a scuola

Nel mondo della scuola c’è in effetti un grande equivoco legato all’uso delle tecnologie, io credo, cioè l’uso delle tecnologie a scuola è molto spesso (forse troppo spesso) considerato più un fine, legato all’idea naturalmente di una scuola più moderna, più un fine che un mezzo. In realtà noi dovremmo sempre utilizzare le tecnologie che servono per certi obiettivi, le tecnologie digitali offrono moltissime possibilità e credo che siano un passo molto importante per rinforzare l’ambito di possibilità di azione della scuola.

È chiaro anche che l’universo comunicativo delle giovani generazioni è un universo largamente segnato dal digitale, non avrebbe veramente senso lasciare il digitale fuori della porta della scuola, però quali tecnologie usare e come usarle ecco questo dovrebbe essere guidato da una duplice consapevolezza: la consapevolezza di come funzionano le tecnologie e la consapevolezza degli obiettivi che con quelle tecnologie possiamo cercare di raggiungere.

Se noi ci fermiamo alle tecnologie senza riflettere su quello che ci vogliamo fare, su quali sono gli obiettivi prioritari, non ha senso. Come dicevo, l’obiettivo prioritario sono queste competenze legate alla complessità, se non si riflette sugli obiettivi prioritari, non si riflette sul perché si usano le tecnologie, si rischia di usare le tecnologie un po’ a caso, e in genere questo non funziona.

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Costruire una buona tipografia digitale

Il tema del rapporto tra il libro a stampa e i libri elettronici, cioè tra la carta e il digitale, è un tema su cui si è discusso tantissimo. Anche qui secondo me spesso si è discusso senza riflettere su una questione centrale: la contrapposizione non è tra la carta e lo schermo. Carta e schermo sono due interfacce di lettura. Il digitale di per sé non è lo schermo, anzi oggi i libri che leggiamo su carta sono normalmente scritti in digitale, impaginati in digitale, vengono appoggiati su carta solo per leggerli, in un certo senso oggi i libri di carta sono dei dispositivi di lettura per testi elettronici perché quello che ci viene letto sopra e che viene stampato è un testo digitale. Il digitale è una forma di codifica totalmente neutrale rispetto a questo o quello strumento di lettura. Allora gli strumenti di lettura nativamente digitali, naturalmente hanno tutta una serie di caratteristiche che su carta non possiamo avere.

Noi su carta abbiamo il testo e il supporto che sono inscindibili, incollati insieme, non possiamo staccare il testo dalla pagina.

In digitale invece il file con il contenuto codificato può viaggiare indipendentemente dal dispositivo di lettura. Questo in linea generale è un notevole vantaggio. Il problema è quanto sono buoni i dispositivi di lettura che abbiamo? E quanto è buono anche il rapporto tra il file e il dispositivo di lettura, per esempio l’impaginazione?

Ecco, quello che succede oggi – è la mia impressione – è che i dispositivi di lettura digitali, per molti versi, non sono ancora dei dispositivi di lettura ideali. Ancora c’è uno scarto tra la carta, come dispositivo di lettura, e gli schermi. Anzi gli schermi in realtà sono divisi in almeno due grandi categorie: la carta elettronica e invece gli schermi a colori dei tablet e degli smartphone. Ciascuna di queste due famiglie ha dei vantaggi e degli svantaggi. La carta a sua volta ha dei vantaggi e degli svantaggi.

Il vantaggio principale della carta oggi è che permette per così dire una rappresentazione della pagina quasi come una mappa. Noi ci ricordiamo di aver letto quella parola in quel punto della pagina, quindi la carta con il suo testo fisso aiuta per certi versi la memorizzazione, il testo fluido digitale può dare dei problemi di memorizzazione. Però questo non è un problema del digitale in sé, è un problema dei meccanismi che noi utilizziamo, sia dispositivi di lettura sia software.

Costruire una buona  tipografia  digitale, quindi una buona impaginazione digitale è un lavoro che dobbiamo ancora in parte imparare a fare. Così come alcune funzionalità, per esempio le annotazioni, chi è abituato ad annotare un testo a matita ancora si trova molto meglio sulla carta, in digitale in teoria io ho uno spazio infinito di annotazione, ma la realtà è che non ho degli strumenti per annotare in maniera facile e per essere sicuro che le mie annotazioni siano conservate nel tempo.

Allora carta e strumenti digitali sono in realtà un insieme di possibilità e di famiglie diverse che si possono combinare in molti modi diversi. Oggi e per un periodo ancora relativamente lungo presumo che ci sarà una coesistenza tra le due tecnologie, progressivamente io credo che con un miglioramento delle tecnologie digitali si possa passare a una lettura digitale prevalente, quasi esclusiva probabilmente sul lungo periodo, ma questo si potrà fare solo quando i dispositivi di lettura digitali effettivamente offriranno tutti i vantaggi della carta più alcune cose in più.

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Leggere libri per comprendere la complessità

Perché è importante non solo continuare a leggere, che è una cosa abbastanza scontata, sappiamo tutti e ci diciamo tutti che è importante leggere, ma perché è importante leggere libri, uno potrebbe dire oggi sono cambiate anche le forme della testualità, perché continuare a leggere  libri?

Io credo che l’argomento forte a favore della lettura di libri – poi su carta o in digitale non importa, non importa il supporto – è la costruzione, il tipo di complessità narrativa o argomentativa che è propria del libro. La forma  libro è tradizionalmente la forma che noi usiamo per costruire contenuti complessi e da questo punto di vista la promozione della lettura nel mondo del digitale, delle reti, non è semplicemente un andare a cercare il passato, ma è un voler riportare la complessità della forma libro – ripeto, complessità che può essere argomentativa o narrativa – anche nel mondo digitale.

Ora per promuovere la lettura in digitale naturalmente ci sono diverse strategie, diverse  possibilità e io credo che una delle più interessanti sia legata a quello che fa abbastanza normalmente e naturalmente ciascuno di noi oggi quando legge un libro in un ecosistema che comprende anche i media digitali. Quando noi leggiamo un libro oggi noi usiamo la rete in genere come una specie di «secondo schermo» (si usa dire a volte quando si parla di contenuti visivi, ma credo che valga anche per la lettura), cioè io magari nel libro incontro un personaggio storico e vado a guardare chi era questo personaggio storico facendo una ricerca su Wikipedia, nel libro trovo menzionato un luogo e vado a cercare una fotografia o un filmato per vedere questo luogo com’è. Cioè quello che faccio abbastanza naturalmente, quello che fa oggi un lettore abbastanza naturalmente, un lettore che vive in questo ecosistema anche largamente digitale, è quello di usare la rete come strumento di allargamento dell’esperienza di lettura, di ampliamento, di arricchimento dell’esperienza di lettura.

Su questa idea qui si basa una parte del lavoro che viene fatto per cercare di promuovere la lettura tra le giovani  generazioni, cioè promuovere la lettura come lettura aumentata, come lettura che esplora le possibilità aperte dal libro e dal testo anche usando l’universo della rete. E questi meccanismi di lettura aumentata, che per esempio sono quelli alla base del progetto europeo del livingbook (un progetto a cui ho collaborato e su cui ho riflettuto parecchio anche nella scrittura del libro), ecco questo tipo di lavoro secondo me è tra quelli più promettenti per cercare di collegare il libro al resto della vita di comunicazione e di uso di informazione dei ragazzi, perché quello che credo bisogna evitare è dare l’idea che il libro sia una cosa del tutto altra rispetto al resto della vita comunicativa, espressiva, per cui diventa quasi un dovere morale. No, il libro è una fonte di contenuti, informazioni e anche uno strumento per abituarsi alla gestione e alla comprensione della complessità, ma è qualcosa che si integra perfettamente, si può integrare perfettamente con il resto della vita comunicativa, in particolare per le giovani generazioni.

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