Apple, pratiche anticompetitive ed esclusività su App Store

Quella che per alcuni può essere una semplice proposta  di “patteggiamento” ad altri può apparire come una forma di accanimento priva di fondamenta. Tutta questione di prospettiva: come cambiano i termini di una questione se – dalle loro postazioni dislocate agli antipodi l’una dell’altra – sono i diversi attori di una storia ad esprimerli, ognuno con il proprio ruolo.

Questa è la storia di Apple, protagonista del nostro “racconto”, e del suo antagonista, il Department of Justice degli Stati Uniti. La storia inizia tempo fa, quando a Apple – azienda che nei soli primi nove mesi dell’anno fiscale 2013 ha fatturato un netto di  11,8 miliardi dollari grazie alla vendita di prodotti  e servizi, sia MAc che iTunes – viene contestato il fatto di aver sfruttato “in maniera disonesta” le potenzialità del revenue sharing (trattenendo il 30% dei guadagni sulla vendita e dandone il 70 all’editore) creando così di fatto un cartello per fissare i prezzi degli ebook negli Stati Uniti e abbattendo totalmente il regime di legittima concorrenza.

Apple trattiene il 30% dei guadagni sulla vendita. Il DOJ contesta a Apple di aver sfruttato in modo disonesto lo revenue sharing.

Oggi arriva la risposta dell’accusatore, il DOJ, che – nella speranza di non dover arrivare a un ulteriore scontro all’ultimo sangue – propone una tregua, un accordo, una sorta di moderno patto di non belligeranza. Con l’obiettivo di porre fine alle pratiche anticompetitive di Apple, tale accordo prevede diverse condizioni, la prima delle quali è concludere qualsiasi patto che Apple ha in precedenza stipulato con i cinque gruppi editoriali coinvolti nella bufera giudiziaria (Hachette, HarperCollins, Macmillan, Penguin, Simon & Schuster), e non intraprenderne altri per i prossimi cinque anni.

La proposta di accordo prevede, inoltre, la nomina di un consulente esterno che vigili sull’operato dell’azienda di Cupertino in termini di rispetto delle politiche antitrust e nell’ottica della “salvaguardia” del consumatore.

Altro punto nodale riguarda la possibilità che Apple dovrebbe dare ai suoi principali competitor in materia di ebook: quella, cioè, di consentire per i prossimi due anni la creazione di app di altri retailer (come Amazon o Barnes&Noble) all’interno dell’App Store, dando così la possibilità al consumatore di acquistare un ebook senza dover uscire dallo stesso App Store e comprare sul web. Ed è proprio su questo punto che l’accordo sembra vacillare. Apple ha infatti dichiarato esplicitamente di non gradire ingerenze di questo tipo e propone soluzioni “più ragionevoli” e soft. A questo punto viene da chiedersi se esistano o meno i presupposti per una vera risoluzione.

L’ennesimo inning tutto da giocare per una partita i cui tempi supplementari sembrano non finire mai.

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