La comunicazione politica passa per vie digitali

Vivere in Italia ai tempi di una campagna elettorale non è certo semplice. Le urgenze del Paese sono sotto gli occhi di tutti, ma di programmi e idee si dibatte poco – a nostro giudizio – rispetto agli spazi dedicati a gossip politico, alleanze future e futuribili, statistiche, casi giudiziari e scandali che gettano fango su un partito a vantaggio (momentaneo) di un altro.

Ma non vogliamo trattare qui di politica, piuttosto di comunicazione, cioè di come la politica comunica nell’era digitale.
Ne parla il volume – a cura di The Vortex, società di formazione sul marketing digitale – Fare politica digitale. Come candidati, movimenti e partiti possono creare e mantenere consenso e vincere le elezioni (Franco Angeli, 2012; anche in versione ebook in formato pdf con Adobe DRM e in formato per iPad). Da questo link è possibile visionarne una breve anteprima.

La riflessione parte dall’esempio di Barak Obama, primo politico a spostare l’agone del confronto dai mass media tradizionali (quali la tv) ai nuovi modelli, linguaggi e strumenti della Rete: Facebook, Twitter, blog e social network.

E in Italia come si muovono in Rete i candidati politici con i loro siti personalistici e gli account a caccia di voti e consenso? In questi giorni iniziano a uscire i primi articoli che confrontano usi e costumi nei tweet e nei like di questa campagna elettorale.

Sulla strategia di marketing politico in Italia l’Introduzione, nata dal colloquio con Marco Cacciotto a cura di Paola Giudiceandrea, misura la distanza ancora presente tra mezzi e logiche comunicative:

«In Italia succede che spesso il digitale viene trattato in maniera scollegata dalla strategia complessiva e si utilizza come riproduttore di contenuti pensati per altri strumenti. La rete richiede di condividere, suggerire, partecipare, interagire, è un errore utilizzare un nuovo mezzo con logiche di comunicazione vecchie e continuare a ragionare a compartimenti stagni. La convergenza strategica riguarda anche le nuove figure professionali che si stanno affiancando ai comunicatori, come ad esempio il social strategist, che devono essere integrati appieno nel team di persone che seguono i politici per definirne la comunicazione.»

Fare politica digitale affronta proprio la nuova frontiera di un mondo odierno frammentato, nel quale la politica non si fa più (o non più solo) nelle comparsate televisive e se si scende ancora in piazza è partendo da una piazza virtuale in Rete, è su Twitter, è su Facebook.

I temi affrontati nel libro profilano una sorta di «identikit del perfetto candidato digitale»:
– l’evoluzione dell’uso del digitale in politica
– i blog e i motori di ricerca
– i social media
– l’ascolto della Rete e la reputazione online
– la gamification
– l’e-mail marketing e l’uso del digitale come CRM
– le community online
– le piattaforme di e-democracy
– il rapporto fra la partecipazione online e quella fisica, fra pubblicità locale e fund raising
– i video virali
– buone e cattive pratiche del digitale da parte dei partiti italiani
– il processo che porta dalla mobilitazione al voto
– l’uso del digitale per interloquire con la politica.

Candidati, movimenti e partiti lo potranno usare come una guida per la propaganda nell’era digitale, ma anche nel cittadino comune la lettura di questo libro può suscitare il desiderio di partecipazione in Rete, ridestare un attivismo per la res publica che la malapolitica di questa Italia dei nostri giorni sembra avere come sopito.

 

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