Scuola: riscopriamo la lettura, la protesta è quella scritta

Apriamo i “guest post” di quest’anno con una riflessione sulla scuola e sull’educazione alla lettura e alla scrittura. Viviamo una strana epoca che vede il tempo rubato tra televisione, iPad e console dei videogiochi, bruciato davanti a Facebook o altri social network (di cui spesso i genitori hanno difficoltà a regolamentare l’uso ai propri figli). Ha senso riscoprire la lettura?

Pietro Ratto, professore di Filosofia, Storia e Psicologia presso un liceo torinese, ripropone qui per il nostro blog un post – La vera protesta è scritta – tratto dal suo spazio web dedicato a pensieri di filosofia, scuola e società.  

Insegniamo ai nostri giovani a scrivere, ricominciamo a insegnar loro a leggere.
Non hanno capito che la Tv è una trappola.
La Tv serve a far scendere gli operai dai tetti, dopo giorni e giorni di protesta, con l’illusione di spiegare finalmente a milioni di ascoltatori le loro ragioni, ma, soprattutto, ammaliati dalla segreta speranza di diventare improvvisamente qualcuno, di ottenere la fama e il successo abbandonando per sempre la fabbrica.
Serve a far sembrare imbecille chi finalmente è riuscito a finire sotto i riflettori, e per la foga di dire tutto ciò che si è sempre tenuto dentro, si mette d’improvviso a balbettare poche e confuse ovvietà, attanagliato dall’ansia di riuscire a narrare le lotte, le ingiustizie, le rinunce di una vita, nei due minuti a lui concessi prima della pubblicità.

Ricominciamo ad aprire i libri, soprattutto quelli vecchi, pubblicati quando si respirava maggiore libertà, quando le case editrici non esercitavano ancora quella censura che ha dovuto ingoiare chiunque si sia trovato a scoprire o a narrare qualcosa di grande, sì, ma non gradito ai Mangiafuoco che stringono i fili del teatrino mediatico.
Quei libri stampati quando le case editrici cercavano ancora talenti, scoprivano idee. Proviamo a leggerli in classe, quei libri.
Come facevano un tempo le mamme con i bimbi, leggiamoli noi, ad alta voce, provando a invogliare qualcuno a cercarli e a sfogliarli, a sfuggire a quella solita, tremenda preoccupazione – sistematicamente tradita da domande come «Ma di quante pagine è?» – che siamo avvezzi a percepire nei giovani tutte le volte che consigliamo loro di leggere un testo, tra i banchi di scuola.

Cerchiamo a ogni costo il coraggio di abbattere quel vortice di pigrizia che li trascina sul divano, che li costringe a preferire la passività e il facile incanto di rapide immagini e di esplosivi effetti speciali alla spontanea, intellettualmente attiva, criticamente impegnativa lettura di un libro.
I romanzi, i saggi, scritti in tempi di libertà, rivelano mille e mille voci diverse, regalano milioni di idee differenti. Quei libri, sfornati da editori ancora indipendenti, diversi tra loro, potranno ridare alle nostre tavolozze tutti quei colori ormai scomparsi, ormai cancellati dalle cinque o sei tinte di moda, dozzinali e squadrate, che non ammettono più sfumature. Che non permettono più di dipingere la realtà, ma sono adatti soltanto a tratteggiare quella finzione inculcata nelle teste dei giovani dai Mangiafuoco e dalla loro Tv.

Insegniamo ai nostri giovani il coraggio di parlare, di riuscire a dire che cosa davvero pensano. Insegniamo loro a saperlo dire con calma e precisione, con rispetto e intelligenza.
Calma, precisione, rispetto, intelligenza sono bandite dal teatrino mediatico di Mangiafuoco. Necessitano di quella serietà, di quell’autenticità che solo carta e penna sanno dare.

Ritorniamo a far scrivere i ragazzi. Solo così sapranno farsi le proprie ragioni, senza nessuno che li costringa a esprimersi tra una pubblicità e l’altra, evitando il rischio di quella banalizzazione assicurata in tutte le occasioni in cui ciò che d’importante si riesce a dire si trova a sgomitare tra la réclame di un prosciutto e una puntata del nuovo Reality Show.

Facciamolo presente, ai nostri giovani. La vera protesta è quella che si scrive. La vera protesta è quella che si legge.

Insegniamo ai nostri ragazzi a leggere e a scrivere. Anche servendosi delle nuove tecnologie, certo.
N
iente sa essere più completo, più ricco di informazioni e di idee di Internet, per lo meno finché Mangiafuoco non deciderà di oscurare definitivamente anche quello o stabilirà di filtrarne i contenuti, naturalmente «per la nostra sicurezza».
M
a spieghiamo loro la differenza tra il mezzo e il fine. Tra la tecnologia e la felicità.
I
nternet può essere un pozzo di verità incontrollabili e di informazioni inafferrabili da parte del potere costituito. Non può ridursi, dunque, al pettegolezzo di un gigantesco bar telematico, in cui si entra solo per passare il tempo snocciolando banalità, consolidando dipendenze.
N
on va ridotto a una narcisistica vetrina elettronica per guardoni alienati.

Insegniamo di nuovo ai nostri giovani a leggere e a scrivere.
Nessuna rivoluzione è più grande di quella che riconsegna dignità alla scuola, permettendole di tornare a insegnare agli uomini a essere autentici, onesti e concentrati.
Nulla è più rivoluzionario di una scuola che insegna a essere liberi.

Pietro Ratto, insegnante liceale che a una profonda formazione umanistica coniuga un inusuale background tecnologico (si laureò nel 1990 in Filosofia e Informatica), dal 2010 pubblica il sito di ricerca “contro-storica” In-contro/Storia, con l’intento di scrivere «tutta un’altra storia» e ricomporre il puzzle di verità negate e piste abbandonate dalla “versione ufficiale” che si insegna nelle scuole.

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3 Comments

  1. Automaticjack says:

    Un bell’intervento veramente, molto sentito e pieno di spunti interessanti che meritano una approfondita riflessione.
    Condivido in pieno la tesi di fondo del collega: la vera rivoluzione è leggere e scrivere di nuovo!
    Paradossalmente, è un appello che sembra giungere proprio nel momento in cui i giovani sembrano dedicare più tempo alla scrittura attraverso i socialnetwork e gli SMS. Il problema è la qualità della scrittura che non nasce più dalla lettura ma spesso dal pettegolezzo spicciolo mascherato dal desiderio di socializzare (se non hai qualche migliaio di contatti su Fb sei uno sfigato). Non parliamo poi di quando vorrebbero scrivere su argomenti più impegnati per poi perdersi dietro un mare di banalità (magari neanche del tutto originali ma scopiazzate qua e là). Ciò che manca è la qualità nella lettura, si legge (molto) poco e (molto) male.
    La conseguenza è che si scrive male e si pensa anche peggio!
    Nonostante nella mia scuola, da anni, vada avanti una colaborazione con la biblioteca comunale nella quale i ragazzi periodicamente si recano, non ho mai visto in mano loro, non dico saggi, ma neanche classici della letteratura (che pure studiano) ma esclusivamente romanzi da “compagnia” di facile lettura; in più palesano poco interesse a qualsiasi tentativo di analisi di ciò che leggono.
    Abbiamo analizzato insieme un semplice e agevole saggio di sociologia (pertinente con l’argomento trattato in quel momento dalla disciplina), “Le metropoli e la vita dello spirito” di Simmel, un piccolissimo classico. Non vi dico la difficoltà per leggere e analizzare il brano tra mogugni, sbadigli ecc…
    Ciò che fuggono è qualunque cosa li impegni a riflettere e a mettersi realmente in discussione, preferendo la via della semplificazione e della superficialità che però porta solo alla mediocrità.
    Certo non posso dar loro (del tutto) torto nel momento in cui (purtroppo) il mondo del lavoro e dell’università richiede solo che si sappia rispondere a batterie di test contenenti quiz spesso privi di senso (se non addirittura errati) invece di testare e valutare sul campo le capacità e le attitudini di ciascuno.
    La realtà è che oggi viviamo in un’epoca nella quale la comunicazione deve essere sempre più veloce, essenziale ed efficiente, lo spessore e la profondità di pensiero sono oramai merce sempre più sopravvalutata.

  2. Nulla è casuale.
    Stanno plasmando una massa di individui incapaci di esprimersi, di difendersi, di esercitare la propria libertà attraverso la riflessione. Individui che imparano poche cose semplici, privi di memoria e di sensibilità; assolutamente non in grado di riconoscere una democrazia da una dittatura, un comportamento illegale da uno immorale. Giovani per i quali i soldi sono l’unica cosa che conta davvero. Quindi facilmente comprabili e ricattabili.
    L’orrore con cui osservano da lontano un libro, la domanda terrorizzata che puntualmente rivolgono a chi chiede loro di leggerlo (“Ma quante pagine ha?”), la noia che li attanaglia appena l’argomento si fa serio ed importante… Tutto ciò, insomma, è tutt’altro che casuale.

    //www.boscoceduo.it/Pensandoci.htm#14
    //www.boscoceduo.it/Pensandoci.htm#16
    //www.boscoceduo.it/Pensandoci.htm#34

    La nostra lotta deve ripartire da un libro.