L’immagine di apertura del post non è un nostro errore nel caricamento di un video, no. È il risultato che vi dà il vostro computer se cercate su YouTube dei video storici che erano caricati sul canale Rai di YT. Spiacenti, il video è privato.
La Rai aveva annunciato che avrebbe tolto i filmati dai suoi canali YouTube, per il mancato accordo economico con l’ecosistema Google: si parla di una cifra intorno ai 700.000 euro che annualmente BigG riconosce alla Rai, e che la radiotv italiana non ritiene più sufficiente. La nuova via sarebbe ora che tutto il traffico girato in questi anni intorno ai filmati sul canale YouTube di Rai venga dirottato verso il sito Rai.tv, sul quale visionare il patrimonio video. Il tutto anche per gestire direttamente con Rai Pubblicità gli introiti pubblicitari che ora restavano a Google.
Siete avvisati, toglieremo i nostri video da YouTube. Nel Paese degli annunci dati, ma poi subito ritrattati (perché siamo sempre tutti quanti fraintesi), ognuno di noi era quasi persuaso che la Rai non si sarebbe tirata un tale autogol. Invece, in questi giorni, uno dopo l’altro circa 40mila video sono stati secretati, oscurati, cancellati. Ne troverete ora una quarantina, per lo più puntate di comici, qualche talent show e alcune schegge-spot celebrative che invitano poi a un «clicca e guarda lo speciale» indirizzando al sito Rai.tv. Campeggia ancora – e lo vedete nell’immagine qui sopra che abbiamo catturato – il patrimonio di oltre un milione e 200 iscritti. In fumo.
Non è una faccenda che riguarda la tecnologia. È un problema più grave, che ha a che fare con la comune identità di una storia (quel che ne resta, di questi tempi). Non sottovalutiamo la questione. Video storici che sono un “bene comune” sono ora resi “invisibili”. Se risiedono sul sito di servizio pubblico Rai.tv e sono lì visionabili, vuol dire davvero poco nell’internet del 2014. Sono “introvabili”. Perché la ricerca di un video in Rete la si fa ormai i m p r e s c i n d i b i l m e n t e su YouTube, e se lì non mi viene data risposta è perché quel contenuto non esiste. Un ragazzino che voglia sentire un discorso famoso di un personaggio storico ve lo vedete andare a navigare su Rai.tv? Oppure prenderà lo smartphone e controllerà dall’app di YouTube? Bene, la domanda contiene già la risposta.
Posso solo augurarmi che l’aver ridotto a “video privato” su YouTube collezioni storiche delle Teche Rai e dell’Istituto Luce, sia solo un momento, diciamo così, di “ricatto economico”, e fatta la voce grossa con Google e ottenuti magari nuovi accordi la Rai restituisca di nuovo su YouTube il patrimonio d’immagini che ci appartiene.
Mentre spero che il precedente paragrafo si avveri, due pensieri mi tornano alterni:
Pensiero 1) glielo dici tu, vero, all’editoria scolastica che nelle loro risorse multimediali tutti gli eventuali casi di citazione link che rimandano a un filmato del canale Rai YouTube adesso sono fuoriuso e in classe – per quei pochi insegnanti che usano il digitale – sullo schermo comparirà il faccino quadrato dalla smorfia storta e lo sguardo catatonico? (ma no, non dirglielo, dai, tanto non se ne accorgono prima di qualche anno.)
Pensiero 2) Paese strano questa Italia: un servizio pubblico rende privato un bene comune senza badare alla ricaduta sulla memoria collettiva, ma se adesso vai su YouTube scopri che nonostante tutto quegli stessi video li trovi, qua e là su piccoli canali di privati (chiamali, se vuoi, pirati), copiati, conservati e archiviati alla memoria del mondo dalla forza della condivisione.
Avvertitemi se qualcosa di questo panorama cambia, intanto io vado su YouTube. Sapete a vedere che cosa? Guardo il canale British Pathé, anche loro hanno il compito di conservare una memoria video collettiva. Il canale British Pathé con i suoi 85mila filmati storici e la strategia di essere su YouTube. Per esserci.
E in proposito su una cosa non ho dubbi: YouTube di certo lo rimpiange RAI.
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Tutto giusto, però se vai via da Youtube, ha vinto Google, se resti su Youtube, ha vinto Google.
Questo dovrebbe farci fare un passo indietro e ragionare sull’impossibilità di svincolarci dai colossi che, soprattutto per meriti personali (questo è innegabile), accentrano tutto il potere di diffusione delle informazioni nel posto che paradossalmente si intende ancora come il nuovo mondo libero: la rete.
Sergio, hai ragione, accentrano potere nel mondo delle informazioni, ma hanno anche una potenza nel veicolare quelle informazioni che non è da trascurare. Ecco perché sostengo sia meglio per un colosso come Rai (perché anche Rai è colosso a suo modo) non lasciare il palco di YouTube. Ma è un parere mio, del tutto opinabile.
Se guardi a Youtube come a una proprietà di Google hai perfettamente ragione. Tuttavia se intendi Youtube anche nell’altra accezione, quella di un medium che esiste e vive (ed è stato acquistato dal colosso) perchè esiste una comunità che comunica per mezzo di esso, bè poco importa che google vinca o perda, perchè a perderci ora siamo solo noi italiani. La diffusione della cultura sta anche nell’ appeal del medium, oltre che nella facilità d’uso e di accesso e appunto nella sua difusione, perdonami il termine abusato, “capillare”.
Per fare un parallelo con l’editoria tradizionale, a me poco importa se un libro di indiscussa bellezza e utilità viene pubblicato da una casa editrice maggiore, piutosto che da una indipendente. Quel libro resta un buon libro. Credo che il medesimo discorso valga anche in questo caso.
Ciò che realmente conta e che Elena sottolinea è che determinati contenuti vanno oltre il concetto di proprietà, smettono di essere mere opere dell’intelletto con un valore economico preciso e diventano memoria, bene comune, valori condivisi. L’azione della Rai è leggittima, ma ha ricadute ben maggiori di quelle economiche.
Non sono poi così convinto delle affermazioni dell’articolo. A partire da quel ‘imprescindibilmente’ che mi da un po’ i brividi. Già! I brividi.
Youtube è solo l’ennesimo social dedicato ai video presente in rete (ce ne sono parecchi, e parecchi di qualità assolutamente superiore, ma forse meno pubblicizzati).
Oggi youtube la fa da padrone ma tra cinque anni potrebbe venire coperto di polvere da chissà quale nuovo portale.
Personalmente – e lo ammetto, non sono di sicuro un giovane adicted, bensì un veterano del mondo informatico che ha visto nascere l’home computing e la rete, per cui sono un ‘vecchio’ – le mie ricerche non le faccio “direttamente su youtube”, bensì le faccio sui motori di ricerca (sono antico, lo so, ma son cresciuto in un mondo diverso), e quando trovo il risultato che cerco, vado a vederlo ‘indifferentemente’ da quale sia la piattaforma che lo propone.
Forse scatenerò grida di panico se affermo che le mie ricerche non le faccio neppure ‘solo su google’. Ci son situazioni che motori alternativi (quelli veri, non quelli ‘powered by google’) come Bing e Wolfram Alpha, forniscono informazioni migliori di quelle di BigG.
Sono sicuro (o almeno spero) che gli utenti della rete giovani siano molto più skilled di me, e sappiano perfettamente che la rete non è immutabile, che non appartiene ai colossi, e che spesso le cose più interessanti si trovano proprio lontano dai colossi… ma soprattutto, che la rete è un semplice mezzo, e se youtube perde i video rai, chissenefrega! L’importante è che quei video rimangano disponibili in rete.
Comprendo comunque che al mondo ci sia anche chi ha una visione piuttosto periferica della rete, dove video=youtube e notizie=facebook.
Be’… la rete è un’altra cosa.
Ecco! Io mi scandalizzerei se Rai decidesse di cancellare i video e basta, per conservarli sui propri archivi privati e proporli solo in trasmissioni come Blog e simili.
Ma così non è… i video rimarranno accessibili, e un semplice cambio di url non mi disturba affatto.
Se i video sono di proprietà della Rai, e Google vuole fare la voce grossa su contenuti che non sono suoi, e soprattutto guadagnarci a sbafo con la propria pubblicità, la Rai fa bene a toglierli.
Gloutchov, pensa che il mio ”imprescindibilmente” era in corsivo e maledettamente spaziato proprio per far venire i brividi! Insomma, almeno su quello siamo d’accordo.
Nello scrivere che non si può prescindere da YouTube, sentivo già la contraddizione in termini.
Ma è proprio perché oggi il colosso è Google e domani chissà, che Rai non può a mio avviso buttare al vento 1 milione e 200 iscritti. Io un tempo come mail avevo Tiscali e ora che cosa è? I tempi su internet, come tu sai, sono brevi e temporeggiare può essere letale.
Ho poi una deformazione professionale da topo d’archivio e YT permette – almeno a me – di scovare l’impensabile, mentre andare su Teche Rai non soddisfa le mie ricerche, non sarà diverso rai.tv. La consapevolezza di ricerca su internet che hai tu non penso sia la media (ammettilo, il tuo livello è molto-consapevole).
Veramente trovavo assurdo che un servizio pubblico regalasse un patrimonio pubblico ad un privato (e 700000 € annui è regalare).
Visto che continuiamo a pagare un canone sarebbe il caso che i contenuti fossero resi pubblici proprio su un sito pubblico. Magari tecnologicamente più accessibile visto che non sono mai riuscito a vedere un video su Rai.tv
Andrea, anch’io pago il canone da sempre.
Sì, più navigabile dovranno per forza farlo Rai.tv.
Vi segnalo che il nostro post è presente anche nella discussione LinkedIN a questo link //tinyurl.com/qgyye4k
là è stata messa in dubbio l’opportunità di usare per la visualizzazione su rai.tv il noto Silverlight e sono state avanzate perplessità su indicizzazione e fruibilità dei video sulla piattaforma Rai.
Pingback: Studio creativi YouTube, la app per la gestione dei canali YT | eBookReader Italia
E a proposito di YouTube, avete visto che è uscita una app per gestire dallo smartphone o dal tablet il proprio canale?
È Studio creativi YouTube, ne abbiamo parlato qui
//tinyurl.com/p9q8zl7