È appena stato pubblicato e presentato al pubblico il romanzo di Cristina Frascà, che esordisce con Egò. La ricetta dell’amore su misura (Robin Edizioni, 2017, pp. 552). Vi proponiamo l’anteprima in lettura, per gentile concessione dell’editore; l’ebook in preparazione sarà disponibile nei primi mesi del 2018.
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I
“Blanche comme la première page d’un roman,
comme la toile sur laquelle peindre ton destin.
Maman et papà.”
Blanche rigirava nervosamente il braccialetto, un cerchio d’oro sbalzato, all’interno del quale sapeva esserci tutto l’amore dei suoi, ripercorrendone con l’indice della mano destra l’incisione.
La rabbia dei giorni passati era svanita, come evaporata. Al suo posto si faceva strada una curiosa sensazione, fatta di eccitazione e paura. Timore per l’incertezza e curiosità alimentata dal paesaggio che coglieva attraverso il finestrino del treno.
Tutto era nuovo.
Aveva lasciato Parigi, convinta di dover prendere in mano la propria vita, senza aver viaggiato molto in precedenza. Aveva un’idea dell’Italia stereotipata, “da cartolina” le aveva detto sua nonna, con un tono sprezzante che non le apparteneva.
Nulla di quel che poteva scorgere però assomigliava a quanto ipotizzato. Piccoli paesi di montagna, torrenti a tagliare il verde dei prati, abeti dei quali era facile intuire il profumo.
Il viaggio doveva essere agli sgoccioli. Mancava forse una mezz’ora e Blanche si chiedeva come fosse possibile inserire in quello scenario una città come Torino.
Giunta a destinazione non rimaneva quasi più nulla della baldanza con la quale aveva salutato la Francia.
Solo il suo naturale incedere deciso, quasi marziale, ancor più evidente nella dissonanza con una fisicità estremamente minuta e femminile.
Brandendo, come unico bagaglio, una Kelly vintage dal peso specifico di un pachiderma, si avviò decisa verso l’uscita della stazione.
Una volta fuori, invasa dalla luce di settembre, si accorse che stava trattenendo il respiro e indossò i Fendi neri, cimelio di famiglia, per schermare l’emozione.
Era nella città di suo padre.
Si incamminò armata di cartina per scoprire una città discreta ed elegante. Affascinata dai portici dell’ampia via Roma, non si accorse della stanchezza, legata alla strada percorsa, così come al tacco dodici senza il quale non ricordava di aver fatto nulla di significativo in vita sua.
Piazza Castello si aprì accogliente e luminosa. La temperatura, più primaverile che autunnale, invitava a sostare in prossimità dei giochi d’acqua che zampillavano al centro del vasto spazio compreso tra i palazzi nobiliari.
La fatica iniziava a farsi sentire e la sua attenzione si rivolse inevitabilmente al parcheggio dei taxi. L’accolse un volto stupito, al punto che Blanche si chiese se quello fosse il modo, o il luogo, corretto per prendere un taxi in Italia.
Un uomo giovane, calvo e abbronzato si scusò dopo aver chiuso un libro, Così parlò Zarathustra.
Esordì come stranito “Buongiorno, dove la porto?”
“Via Barbaroux.” rispose con un italiano non privo di accento.
“Francese?”
“Taxista filosofo?” chiese di rimando senza trattenere un sorriso ammirato, così aperto da fugare nell’interlocutore una qualsiasi impressione negativa.
“Sì!” fu la comune e divertita risposta.
“Pensavo di arrivare a piedi, ma devo aver sottovalutato la distanza!”
“O sopravvalutato le scarpe…”
“Questo mai! È molto lontano? Credevo fosse in centro.”
“Dipende dal numero civico…”
“Dieci?”
Il taxista partì, parcheggiò a lato e scese dalla macchina.
“Se l’ho offesa in qualche modo mi perdoni…” riprese imbarazzata.
L’uomo scoppiò in una fragorosa risata e, indicando un punto con la mano, affermò convinto.
“La porto a piedi, è lì. Le costerà meno!”
“Che figura da turista inesperta! Ma le prometto che, se ci rivedremo, ho tutte le intenzioni di diventare più torinese di lei!”
“Sfida accettata! Che cosa la porta qui?”
“Aprirò una boutique, abiti sartoriali.”
“Wow!” Fischio sonoro “Buona fortuna…” e lasciò la frase in sospeso inarcando un sopracciglio con fare interrogativo.
“Blanche.”
“Buona fortuna Blanche, creatrice di abiti su misura.”
“A presto gentile taxista-filosofo!”
La ragazza guardò la facciata del palazzo. Aveva sicuramente visto tempi migliori, però c’era qualcosa di speciale in quell’architettura austera non priva di decoro.
La via era talmente stretta, uno dei pochi retaggi medievali in una città a pianta romana, da non concedere alcuna vista prospettica.
Telefonò all’uomo con il quale aveva preso accordi e fissò con lui il luogo e l’orario per la consegna delle chiavi. Ancora una volta rimase colpita dal tono cortese delle sue parole.
Per ingannare il tempo dell’attesa decise di bighellonare per il suo nuovo quartiere.
Fu amore a prima vista. Pavé a coprire la strada, piccoli negozi dai nomi allettanti (“La casa del Natale” … tutto l’anno!), lampioni bruniti reclinati come fiori recisi, portoni antichi, trompe l’œil e insoliti profumi. Estasiata si perse nel cromatismo offerto dal banco del verduriere, suo nuovo vicino, e pertanto, non vide arrivare l’avvocato Castelli, titolare della voce gentile a lei già così cara, e curatore dei beni della famiglia Meleti.
Dopo la prematura morte del figlio Guido, padre di Blanche e unico erede delle loro fortune, i suoi nonni paterni non avevano trovato altro modo di reagire alla tragedia, se non quello di ritenerne colpevole lo stile di vita che conduceva in Francia con la moglie Elena.
Guido, cresciuto con infinito amore da genitori non giovani e convinti di non poter più conoscere la gioia di un figlio, aveva potuto seguire la sua inclinazione artistica e frequentare l’accademia.
Quella che ai tempi di suo padre sarebbe sembrata una scelta semplicemente impraticabile per un uomo appartenente a una famiglia con proprietà che richiedevano una gestione attenta e costante, a lui fu concessa, come, del resto, ogni altro desiderio.
Quel genere di studi e la sua natura libera gli avevano presto fatto sentire i limiti di una città chiusa per mentalità ancor più che per collocazione geografica.
Recatosi dunque a Parigi per arricchire le sue esperienze in campo artistico, con l’idea di fare presto ritorno a Torino e romperne gli schemi rigidi con le sue tele, aveva incontrato Elène, sua musa, amante e nel giro di un anno, adorata moglie.
A Blanche piaceva pensare a che cosa doveva essere stato l’incontro tra un artista innovativo, dal carattere controverso, e una giovane contessina spregiudicata e sensibile oltre ogni dire.
Ricordava la loro intesa, fatta di sguardi e silenzi, e le liti frequenti su tutto, però incapaci di superare la notte.
Una passione assoluta che le aveva regalato la vita.
La loro casa era diventata il naturale punto di ritrovo di un gruppo di scrittori, scultori e pittori. Le soirée, alle quali lei era ammessa fin dalla nascita, erano occasione di dibattiti infiniti, così come il vino che scorreva senza sosta o gli aloni di fumo dolciastro.
Tutto veniva gestito con l’eleganza della padrona di casa, senza che i toni accesi superassero mai il limite che la sensibilità del marito non avrebbe compreso.
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i sentimenti, l’amicizia, l’amore, la paura e la speranza… non mi annoiano mai!
Benvenuta Cristina, autrice di Egò, quella del tuo romanzo è un’anteprima che invoglia davvero alla lettura. E preannuncia già tutto il calore di sentimenti che traspare nelle parole.
Buona lettura a tutti!
Durante la lettura ho rivisto, in ogni minimo dettaglio, i luoghi di Torino a me tanto cari, ho piacevolmente immaginato tutti i personaggi e il loro passato, avendo quasi voglia di conoscerli! È un libro pieno di pathos che scorre veloce e corre verso il finale!
Bellissimo da leggere tutto d’un fiato….commovente in certi punti soprattutto quando c’è di mezzo Coco’….leggetelo e speriamo in una continuazione. …Grazie maestra Cristina
Grazie Giacinta e Tiziana per aver condiviso qui le vostre impressioni di lettura. L’anno dunque inizia bene.
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Per quanti vogliano incontrare l’autrice segnalo che al Salone del Libro di Torino venerdì 11/5 dalle 16 alle 17 Cristina Frascà sarà allo stand di Robin Edizioni (Pad 2, L33) per il firmacopie di Egó.